Come hai iniziato a giocare a football ma soprattutto come sei arrivato a giocare ai Guelfi?

Ho iniziato a giocare a football che avevo sedici anni, nel’88/’89; facevo già sport ed ero un atleta a livello nazionale sia nell’atletica che nello sci ed in classe con me c’era la figlia del presidente della squadra di football di Padova, che mi invitò ad andare a provare, e sbocciò subito l’amore con lo sport. Ho giocato poi fino al ’97 a Padova, giocando tutte le giovanili e giocando praticamente a tutti i livelli con loro, sia terza, che seconda che prima divisione, vincendo anche un paio di campionati. Nel corso degli anni ero andato a fare un anno di giovanile nelle Aquile Ferrara, e soprattutto un anno negli Stati Uniti grazie ad una borsa di studio e dopo il servizio militare mi sono trasferito a Firenze nel 2000. Grazie agli anni giocati a Padova sapevo della presenza di una squadra a Firenze, gli Apaches, quindi chiamai in federazione per potermi mettere in contatto e mi diedero il numero di Elena Zaccarelli, presidente dei defunti Apaches, che mi mise poi in contatto direttamente con Pippo Martelli, per poter iniziare allenarmi con loro. Pippo mi venne a prendere direttamente alla Cascine, che mi portò ad allenarmi alle Cascine del Riccio, un posto quasi surreale, in mezzo alla nebbia; io ero abituato a ben altro livello per quanto riguardava le strutture e l’organizzazione, quindi arrivai tutto preparato, ben vestito e rimasi un pò sconvolto da quello che trovai. Dopo qualche allenamento però mi resi conto che la sostanza era ben diversa dall’apparenza, e che il livello era molto alto e venni integrato istantaneamente. Non ricordandosi il mio nome all’inizio tutti mi chiamavano “Il Padovano” e da allora mi è sempre rimasto il soprannome “Pado”, anche dopo aver smesso di giocare nel 2007

Tra l’altro sei stato anche l’ideatore del logo originale dei Guelfi giusto?

Esatto, dopo aver scelto colori sociali ed altri piccoli dettagli, mancava da scegliere il logo: eravamo insieme a casa mia con Matteo Giorgi, uno di quelli con cui ho più legato sin dall’inizio, quando venne fuori l’idea del logo; io sono sempre stato uno che ci teneva anche all’estetica quando giocava, anche grazie agli insegnamenti del buon Deion Sanders: “You look good, you play good” e quindi volevo creare qualcosa di bello per il logo, per poterlo sfoggiare sia sulle divise che sui caschi, ecc e quindi creammo il logo che piacque da subito e che poi è stato il logo dei Guelfi fino al “rinnovamento” arrivato quest’anno.

Sei stato uno di quei giocatori che dopo aver smesso, ha continuato pi ad allenare; com’è nata questa “seconda carriera” nel football?

Già nel 2005, quando ancora giocavo, avevo iniziato a dare una mano alla giovanile, insieme a “Gheo” ed a Basiliani, che ora allena a Massa, plasmando poi quella generazione di giovani Guelfi che tanto avrebbe fatto bene negli anni successivi, come Edo (Cammi ndr) o Super (Andrea Benoni ndr). Il 2005, con la finale del Silver Bowl, ci fu una sorta di spartiacque, perché dopo i titolari, non c’erano riserve che avrebbero potuto sostituire i titolari e quindi iniziammo a credere fortemente nelle giovanili, per poter sviluppare giocatori che sarebbero stati poi pronti per la prima squadra e per il futuro dei Guelfi. Iniziai con la giovanile poi diventai Assistant coach nel 2008 con lo “Zio” fino poi a ricoprire il ruolo di Head Coach nel 2015 e facendo sempre belle stagioni anche grazie all’inserimento sempre costante di nuovi giocatori dalle giovanili.

Le strade con i Guelfi si sono poi interrotte, ma il futuro come lo vedi, pensi di ritornare a Firenze un giorno?

Io sono stato da sempre uno dei promotori dell”Head Coach americano”, perché ho sempre ritenuto che servisse un allenatore che dedicasse tutto il tempo possibile alla preparazione degli allenamenti, delle partite ecc; quando arrivò Brett Morgan però non mi trovai bene con lui, poiché avevamo due modi diversi di allenare e quindi le strade si sono separate, anche a causa di impegni lavorativi e di distanza, dato che mi sono spostato ad Arezzo.
Dopo un’esperienza agli Steelers Terni adesso alleno a Perugia, ma non nego che i Guelfi sono la mia famiglia, quindi si, penso che in futuro mi riunirò ai Guelfi anche perché continuo ad esser in contatto con tutti i ragazzi, con Edo e gli altri.

Guardando alla tua carriera come giocatore, quali sono i ricordi più belli che hai?


Ce ne sono veramente tanti, ma probabilmente la finale all’Artemio Franchi è stata un qualcosa di eccezionale; personalmente pero ricordo con grandissima felicità il primissimo anno dei Guelfi, che poi è stato anche il mio primo anno a Firenze, poiché trovai quella che veramente poi è diventata una famiglia per me, ho creato amicizie e rapporti che sono durati e che continuano a durare da allora, e quel primo anno fu bellissimo.

E invece quali sono i giocatori più forti con cui hai giocato quelli che hai allenato?

Ci sarebbero tanti nomi da fare, ma per quanto riguarda l’attacco ti dico Manna (Gianluca Mannatrizio ndr), anche se Giuliano Belli probabilmente era il più difficile da coprire, ma Manna era un giocatore veramente completo; per quanto riguarda la difesa invece ti dico il Gheo, veramente il più forte.
Guardando invece ai giocatori che ho allenato ti faccio il nome di Andrea Benoni, era veramente un’altra categoria rispetto agli altri.

Parlando adesso da “esterno”, cosa manca ai Guelfi per fare il definitivo salto di qualità, quello che potrebbe voler dire campionato assicurato?

La formula magica non esiste, ma ci sono una serie di elementi che possono fare la differenza alla lunga; uno di questi è sicuramente un coaching staff all’altezza, con possibilmente un head coach americano che può dedicarsi completamente a questo, e degli import che possano fare la differenza; è un pò quello successo nell’ultimo campionato con il miglior head coach (Briles) ed il miglior import del campionato (Nacita); è fondamentale però, ed i Guelfi lo stano facendo abbastanza bene, puntare sulle giovanili e sui giocatori “casalinghi”, giocatori che lottano e giocano per la propria città, che sanno perché giocano e personalmente penso che questi giocatori siano quelli che realmente fanno la differenza. È quello che è successo a Parma per molto tempo, è quello che sta succedendo ai Seamen che hanno sì ottimi allenatori e ottimi giocatori non milanesi, ma hanno soprattutto una buona base, degli ottimi giocatori di Milano che giocano per la loro città e probabilmente è quello che manca a Bolzano, che ha si giocatori forti ed un ottimo coaching staff, ma non ha un’ottima base.
Un gruppo di giocatori che giocano insieme da tanti anni, che si conoscono, può essere l’arma in più per vincere i campionati, ed è il primo obiettivo che ci eravamo posti quando abbiamo iniziato con la giovanile, con i vari Benoni, Max Innocenti, Marcone (Marco Conti), Edo.
Non ti nego infatti che se mai dovessi tornare ai Guelfi, vorrei ripartire dalle giovanili, proprio per poi dare un’ottima base per la prima squadra e per il futuro dei Guelfi

Un saluto a tutta la Guelfi Family, sperando di poterci ritrovare al Guelfi Sport Center per l’inizio della stagione!