Inizia oggi con l’intervista a Gheo, storico cornerback dei Guelfi, e membro della Hall of Fame, una serie di interviste volte a far scoprire a tutti i tifosi un pò di più della storia dei Guelfi Firenze e dei giocatori che hanno lasciato il segno in questi venti anni e più di storia

Raccontaci un po’ la tua carriera, come sei arrivato ai Guelfi ecc?
Nell’89 tramite la mia ragazza del tempo, che faceva da segretaria al Dott. Saffi, presidente degli Apaches insieme al Dott. Chiellini, iniziai a giocare; mi mantenevo in forma con l’atletica, la bicicletta, ed altro ma seguivo da sempre il football in televisione e quindi, “invogliato” da lei, iniziai ad andare al campo. Quello che tutti si ricordano è che feci bella figura, perché in appena quindici giorni esordii, non sapendo praticamente nulla di tattiche, playbook ecc, a Lavagna ed esordii da cornerback perché a livello fisico ero adatto a quel ruolo, anche se un pò undersized.
In realtà io avevo già fatto qualche allenamento nei primi Apaches nell’84, ma smisi perché non ero attratto particolarmente, mentre la seconda volta andò decisamente meglio. Con gli Apaches ci siamo divertiti parecchio, abbiamo fatto ottimi campionati e siamo arrivati anche in A1, con il campionato che fu un’esperienza bellissima. Un’altra esperienza molto bella fu quando andammo in Canada, tutta la squadra, e vivemmo praticamente come dei professionisti in questa struttura dove c’erano anche gli “All-Americans”; inizialmente sembrava che possibile giocare una partita contro di loro, ma probabilmente se fosse avvenuto non sarei stato qui oggi a raccontarlo. Quella fu un’esperienza pazzesca per noi, che pochissime squadre già allora possono dire di aver fatto, ed adesso penso che sia praticamente impossibile riuscire a portare un’intera squadra oltreoceano per fare due settimane di allenamenti da professionisti, quindi mi custodisco questa esperienza gelosamente. Dopo gli Apaches feci un paio di stagioni ai Renegades, e sopratutto giocai a Grosseto, dove feci amicizie che ancora mantengo e dove mi divertii molto. Nel gennaio del 2000 poi, dopo quasi una stagione in cui ci allenavamo da soli, senza partecipare al campionato, decidemmo di fondare i Guelfi.

Gheo da capitano con il suo numero 3

Ecco, i Guelfi, quante stagioni da giocatore hai giocato lì?
Io ho giocato dal 2000 al 2008, fino ai quarantuno anni; una serie di infortuni poi mi portò a decidere di smettere, anche perché l’ultima stagione giocata saltai parecchie partite proprio a causa di una continua serie di infortuni muscolari e non fino a quando rientrai in tempo per la partita di playoff contro gli Sharks Palermo. Sul finale di partita ebbi la bella idea di entrare in un kickoff return, mai fatto in carriera, e su una sorta di onside kick recuperai il pallone salvo poi venire placcato subito rompendomi il ginocchio. Avevo comunque 41 anni quindi avrei continuato poco oltre, però quella fu la mia ultima partita giocata.

Te sei uno dei giocatori “storici” dei Guelfi che, dopo aver smesso di giocare, ha iniziato ad allenare. Come è andata la transizione da giocatore ad allenatore?
La prima esperienza da allenatore la ebbi con la giovanile di quella che sarebbe poi stata la seconda generazione dei Guelfi, quella di Edo (Cammi, giocatore e futuro GM dei Guelfi ndr), Matteo Bini, ecc, ma fu un’esperienza un pò “arrabattata”, essendo la prima vera e propria giovanile dei Guelfi, ma fu molto divertente. Iniziai poi ad inizio 2010/2011 ad allenare la difesa dei Guelfi, facendo poi da coordinatore difensivo per il “Four Helmets” (torneo internazionale giocato a Firenze nel 2012) poi presi un paio di anni sabbatici e tornai ad allenare nel primo campionato di IFL dei Guelfi, dove alleno tutt’ora.

Coach Gheo ad Ancona

Se ci dovessi dire il tuo ricordo più bello da giocatore e quello da allenatore?
Da giocatore non ho nessun dubbio: la partita che giocammo al Franchi nel 2003; mi ricordo che eravamo negli spogliatoi pronti ad entrare e ci dissero di aspettare perché c’era ancora la fila al botteghino; per noi era una cosa impensabile dato che di solito i pochi spettatori che c’erano erano i nostri genitori per qualcuno, e per i più fortunati le fidanzate e/o mogli, ed invece giocammo all’Artemio Franchi con seimila spettatori. Un’altra cosa che mi è rimasta impressa di quel giorno fu quando uscendo dal sottopasso che portava al campo, alzavi lo sguardo e vedevi la tua foto al Jumbotron, con seimila tifosi che erano lì ad acclamarti. Quella partita la vincemmo contro i Crusaders Cagliari e conquistammo il NineBowl, quindi non ho alcun dubbio che sia il mio più bel ricordo da giocatore.
Per quanto riguarda il mio ricordo da allenatore faccio fatica a trovartene uno: ci sono tanti piccoli momenti che ricordo con piacere, ma soprattutto quando veramente riesci a vedere che sei riuscito a dare qualcosa ad un ragazzo; quando ad esempio vedi che un ragazzo riesce a fare bene una cosa che gli hai spiegato o gli hai chiesto te, e noti la sua felicità e l’orgoglio negli occhi, penso sia quello il momento più bello per un allenatore. Con i ragazzi dell’Under20 ho ritrovato tutte queste piccole “gioie”, come ad esempio vedere un giocatore nato come ricevitore, impegnarsi in difesa da cornerback arrivando anche a reggere il confronto con un giocatore della prima squadra magari con molti più anni di esperienza di lui.

Una foto della finale del NineBowl giocata all’Artemio Franchi fi Firenze davanti a seimila spettatori

Il tuo numero è un numero un pò speciale ai Guelfi: il primo a indossarlo dopo che lo hai lasciato è stato un import, Kyle Griffin, ed adesso in giovanile lo sta indossando tuo figlio Cosimo; cosa si prova a vedere indossato il tuo numero da lui?
Vederlo giocare è unico; è una sensazione contrastante perché oltre alle sensazioni da allenatore, ci sono anche le sensazioni da genitore: se me lo schierano contro un mio giocatore della difesa, e ci riceve in faccia, inizialmente sono arrabbiato, ma poi entra in gioco il genitore e diventi subito orgoglioso della giocata fatta da tuo figlio. Cosimo inizialmente giocava a calcio, e si è avvicinato al mondo del football solamente perché con questa situazione non sapevamo bene come sarebbe andata a livello societario nella sua società calcistica, però posso dire che almeno per quanto riguarda il football è andata bene, con Cosimo che ha bruciato tutte le tappe ed adesso gioca stabilmente in giovanile ed indossa il mio numero, il 3.

Il giocatore più forte con cui hai giocato e quello che hai allenato, escludendo gli import passati dai Guelfi?
Quello che ho allenato non ho dubbi: Andrea “Super” Benoni; un atleta impressionante, probabilmente il più forte giocatore dell’era Guelfi ed uno dei LB più forti di sempre italiani; tutt’ora spingo per farlo ritornare a giocare, sono arrivato addirittura a prepararmi un discorso, ma tutte le volte non ho riscontri positivi. Il più forte con cui ho giocato nei Guelfi invece ti dico Mannatrizio, un giocatore completo, brava a correre, a ricevere e talvolta a difendere.

Il più forte contro cui hai giocato invece?
Scott Whitehouse; era un RB che venne con noi in Canada con gli Apaches per poi giocare il campionato italiano, salvo poi andare a finire ai Lions, non essendoci le possibilità economiche per noi di tenerlo a poster. Atleticamente era spaventoso e mi ricordo che ogni volta che provavo a fermarlo prendeva il colpo, arretrava appena e poi riprendeva a correre guadagnando altre dieci yards.

Come ultima domanda ti chiedo, il giocatore da cui ti aspetti di più nei Guelfi?
Andrea Costanzi, no doubt. Ha tutto il potenziale per essere uno dei pilastri futuri dei Guelfi.

Colgo l’occasione per salutare tutta la Guelfi Family e sempre forza Guelfi!