Siamo qui oggi con Coach Marcus Herford, nuovo head coach dei Guelfi Firenze. Coach Herford arriva a Firenze dopo aver giocato a football sia al college negli Stati Uniti, a University of Kansas, sia come professionista nell’Arena League, sia in Europa, in Francia prima ed in Turchia poi; dopo aver appeso armatura e casco al chiodo ha iniziato ad allenare, partendo dagli Usa come Assistant coach prima di venire in Europa e diventare HC dei Kiel Baltic Hurricans, per poi volare in Sudamerica, e poi tornare in Europa, ai Guelfi Firenze. Qui la sua prima intervista come HC dei Guelfi

  • G: Ciao Coach! Parlaci un po’ di te, della tua carriera da giocatore e da allenatore prima di arrivare ai Guelfi Firenze
    Ho iniziato a giocare a football praticamente da quando avevo 5 anni, quindi possiamo dire tranquillamente che gioco a football da sempre. Ho iniziato a giocare a football come Quarterback, ed ho continuato come “doppio-ruolo” fino al college più o meno. Dopo aver giocato per la Cedar Hill High School in Texas, ho avuto la fortuna e a benedizione di poter scegliere fra vari college; la scelta è ricaduta su University of Kansas, in cui sono arrivato come 25° prospetto in tutti gli Usa nel ruolo di “dual-threat QB”. Dopo aver giocato un pò di partite come QB mi hanno spostato nel ruolo di WR e Kick returner ed è da lì che la mia carriera ha avuto una svolta: il 2007, il mio “junior year” (terzo anno di studi all’Università ndr), è stato il miglior anno della mia carriera ; quell’anno sono stato lo special team player of the year della BIG 12 (conference del college football ndr) , come KR, sono entrato nel first team all big 12 e sono stato un All American per tutta la stagione; a livello di squadra quell’anno arrivammo all’Orange Bowl, con un record di 12-1 e lo vincemmo per 24-21. In quattro anni al college ho vinto 3 Bowl, e arrivai al draft del 2008 con il sogno di entrare nella NFL; purtroppo nonostante degli ottimi camp prima del draft ed un ottimo pro day non venni scelto al draft; il mio obbiettivo però era sempre stato quello di diventare un coach, anche se non sapevo né quando né come sarebbe successo. Dopo il college mi arrivò un’offerta per diventare un giocatore di Arena League, e finii a Green Bay, a giocare per i Green Bay Blizzard; di lì a poco arrivo però una chiamata dall’allora coach di Valdosta State University (università pubblica dello stato della Georgia), che aveva avuto il mio nome da un mio compagno del college, che aveva visto in me un futuro coach. A Valdosta ero un Assistant coach, un WR coach, e al mio primo anno lì vincemmo il campionato nazionale NCAA DIvision II (2012 ndr) e quello fu un momento molto particolare per me, perché purtroppo mi resi conto che avevo bisogno di soldi, ed il lavoro come WR coach non mi rendeva abbastanza. Tornai quindi a casa ed inizia a cercare lavori normali, rimettendomi in gioco, fino a quando un mio vecchio compagno, che giocava in Europa, non mi spiegò che oltreoceano le squadre europee cercavano giocatori americani per i loro campionati; mi iscrissi ad Europlayers (sito per sportivi che cercano squadre europee di qualsiasi sport ndr) e dopo poco fui contattato dai Troyes Pyraque, una squadra francese, che mi voleva come loro giocatore. A causa di un pò di problemi lasciai dopo poco la Francia per andare in Turchia, a giocare per gli Yedipete Eagles, squadra di Istanbul, dove ebbi una buona stagione. Avevo però 28 anni ed una famiglia e quindi decisi di appendere nuovamente l’armatura ed il casco al chiodo. Tornato negli States iniziai a lavorare come coach in un’università in Texas, l’Oklahoma Panhandle State University, e lì fu il momento vero e proprio in cui iniziai ad allenare, ormai 7 anni fa. Dopo di lì andai in Kentucky, al Kentucky Wesleyan College, dove mi ritrovai in squadra Keenan Cole (attuale WR titolare dei Jacksonville Jaguars in NFL) e Xavier Mitchell (che mi avrebbe seguito per i cinque anni successivi). Dopo l’esperienza come allenatore negli Usa ritornai in Europa, accettando il ruolo di HC dei Kiel Baltic Hurricanes, dove mi seguì anche Xavier Mitchell. Mitchell mi avrebbe poi seguito anche a Milano, dove abbiamo vinto due campionati consecutivi, intervallati da un breve periodo negli USA, ad allenare ad Oklahoma Baptist University, in Texas. Dopo i Seamen sono andato in Brasile,ad allenare i Galo Roosters. Tutto questo prima di accettare la chiamata di Edo, e di venire a Firenze per entrare a far parte dei Guelfi Firenze.
  • G: La tua migliore stagione come allenatore e come giocatore? E poi raccontaci il tuo ricordo più bello sia da allenatore che da giocatore
    Come allenatore sicuramente la stagione del 2012, quando allenavo a Valdosta State University, anno in cui vincemmo il campionato di NCAA Division II, con una stagione spettacolare, ed il mio primo anno come allenatore.
    Come giocatore indubbiamente la stagione del 2007, piena di premi individuali per me e conclusasi con la vittoria dell’Orange Bowl ai danni di Virginia Tech (74k spettatori allo stadio e circa 15 milioni di telespettatori in tutto il mondo ndr).
    Parlando individualmente per me sicuramente il miglior ricordo è quando segnai un TD dopo un ritorno di 88 yard contro Baylor, contro cui avevo invece droppato un passaggio decisivo l’anno precedente. Quando segnai il TD contro Baylor cascò un fulmine vicino al campo, e fummo costretti a subire un rinvio momentaneo della partita, ed i giornali il giorno dopo aprirono con “Herford strikes Lightning”. Come allenatore sicuramente invece il momento in cui vinsi il mio primo titolo con i Seamen Milano, in una stagione dominata.
  • G: Com’è il tuo stile di gioco? Sei un coach che predilige i passaggi avendo avuto una carriera come QB prima e WR poi?
    “Aggressive, no doubt” Non gioco per il gusto di giocare, io gioco per il gusto di vincere e quindi per me è estremamente importante giocare aggressivi e competitivi, sempre; è. Una delle cose che chiedo di più ai miei giocatori, quella di non mollare mai, di provare sempre il tutto per tutto e di giocare sempre al 110%.
    Forse quando ho iniziato ad allenare prediligevo il passino game al running game, che consideravo quasi zero; dopo essere venuto in Europa ho scoperto che si può anche correre nel gioco del football (ride ndr), e ho adattato il mio gameplan ai campionati europei, rimanendo comunque molto affezionato al passino game.
  • G: Perché hai scelto i Guelfi? Ma soprattuto, perché hai scelto di rimanere in Italia durante questo periodo difficile?
    Ho scelto i Guelfi perché sono rimasto impressionato dalla loro crescita; dal mio primo anno a Milano, fino all’anno scorso i guelfi sono migliorati tantissimo, grazie anche ad una dirigenza eccezionale che ha portato in Italia gente del calibro di Nacita ma soprattutto Art Briles. Il percorso dei Guelfi è sicuramente quello che mi ha compito di più, con una suada che è arrivata alla finale del campionato, in cui se l’è giocata fino all’ultimo. Appena ho avuto la chiamata da Edo ho subito accettato l’offerta, sia per la città di Firenze, che per l’organizzazione e lo staff dei Guelfi.
    Ho deciso di rimanere a Firenze perché sapevo che se fossi tornato negli USA la situazione si sarebbe fatta tanto difficile che non sarei potuto più tornare in Italia; dopo aver visto il “piano” per contrastare la pandemia dell’Italia ho deciso di rimanere qui. Edo e tutti i dirigenti mi hanno aiutato in questo periodo ed adesso siamo finalmente pronti per iniziare a prepararci per la prossima stagione con la senior, dopo aver aiutato nella preseason anche le giovanili.
  • G: Quali sonoiI tuoi obiettivi come allenatore dei Guelfi Firenze
    Il primo obiettivo è sicuramente quello di vincere il campionato; ma un altro obiettivo che mi sono posto personalmente e con il mio coaching staff è quello di installare una nuova mentalità; mi spiego meglio: il mio obiettivo è portare tutta la squadra, e tutta l’organizzazione ad una nuova mentalità, più competitiva, più aggressiva, più fisica; dobbiamo essere più forti fisicamente e mentalmente. Il nostro obiettivo è #JustFInish, in tutto ciò che facciamo, ed infatti è diventato anche il nostro motto. Non importa cosa ti ferma, cosa ti rallenta, cosa ti fa male, ecc, quello che conta è finire, portare a termine quello che stai facendo.
  • G: Cosa manca al campionato italiano per raggiungere gli altri campionati europei
    Rispetto a quando sono arrivato nel 2017 il campionato italiano sta andando nella giusta direzione, è migliorato tantissimo; quello che credo che manchi è soprattutto la possibilità di usare più giocatori non italiani: secondo me bisognerebbe aggiungere almeno un altro import USA ed aggiungere almeno uno/due giocatori europei, che aiuterebbero sicuramente nel miglioramento di tutto il campionato e nell’aumento della reputazione del campionato italiano.
  • G: Scegli un giocatore, di qualsiasi epoca e squadra, che aggiungeresti al roster dei Guelfi Firenze
    Lamar Jackson; quel ragazzo è veramente speciale. Non scelgo lui solamente per il suo talento e le sue capacità, ma lo scelgo sopratutto per la sua mentalità e la sua voglia di fare e di raggiungere sempre l’obiettivo che si è posto. Scelgo lui perché nel ruolo di QB devi avere qualcuno che ti trascina la squadra e da la mentalità giusta, ad ogni gioco, ad ogni tocco di palla ed è per questo che scelgo un giocato de suo calibro

Ci tengo inoltre a dire alla Guelfi Family che sono entusiasmato da questa avventura, sono pronto ad iniziare e a togliermi soddisfazioni con questa squadra e questa organizzazione. Let’s go Guelfi!