Si è allacciato per la prima volta casco ed armatura nove anni prima della fondazione degli Estra Guelfi Firenze e nel 2020 potrebbe festeggiare le nozze d’argento come giocatore di football. Christian “Death” Petrucci diventerà sabato 6 luglio, con ogni probabilità, il primo giocatore italiano ad aver disputato le finali nazionali di tutte le divisioni senior e ad aver rappresentato l’Italia in una competizione internazionale come gli Europei del 2009. Dopo le vittorie al Silver Bowl e, ancora prima, al Nine Bowl, il capitano del team gigliato proverà a guidare i suoi compagni di squadra alla conquista dello scudetto. Il giocatore più esperto al servizio di Coach Art Briles non poteva quindi che rilasciare una lunga intervista al sito ufficiale della società per dire la sua sul prossimo Italian Bowl, che vedrà il Linebacker fiorentino impegnato a fermare le offensive dei Seamen Milano, campioni in carica.

Dopo la partecipazione ad un Europeo e le vittorie di Silver Bowl e Nine Bowl che effetto ti fa giocare l’Italian Bowl così avanti nella tua carriera?

“La soddisfazione di prendere parte a questa finale è davvero grande. Ogni bowl e ogni manifestazione con la nazionale hanno una storia a sé e tutti i giocatori di football americano in Italia giocano per la gloria, quindi sono davvero orgoglioso di poter disputare l’Italian Bowl, l’unica finale che mi manca a livello nazionale. Ovviamente non sono più nel fiore degli anni ed il mio impiego è ridotto, ma non vedo l’ora di arrivare al 6 luglio”.

Con chi di questa squadra sei più orgoglioso di condividere quello che è l’apice della tua storia con casco ed armatura? Chi del passato vorresti avere al tuo fianco sabato 6 luglio?

“Non vorrei avere nessuno della vecchia guardia accanto a me, anche se suona un po’ da egoista mi fa piacere poter essere l’unico guelfo a fregiarsi di aver giocato tutte le finali dei campionati italiani e, inoltre, fare solo qualche nome lasciandone fuori altri non mi piacerebbe. Fra quelli attualmente a roster sono felicissimo di poter condividere questo evento con alcuni senatori dello spogliatoio come Massimiliano Innocenti ed Edoardo Cammi, che ho svezzato io nelle vesti di coach quando disputavano il torneo riservato agli Under 21. Con loro ho perso due finali senior (2007 e 2010, ndr) e adesso vogliamo provare ad invertire la tendenza”.

Pensi che la finale contro i Seamen Milano possa essere una sorta di spartiacque per questa società?

“Io non la vedo come uno spartiacque, ma come un nuovo traguardo. La società si sta evolvendo e sta migliorando in maniera vertiginosa. Nel 1998 eravamo solo in 8 ad allenarci, ma abbiamo tenuto duro e con il passare degli anni abbiamo saputo portare avanti un progetto che è arrivato fino a questo punto, vale a dire ad un passo dallo scudetto. Venti anni fa ci cambiavamo nei corridoi degli stadi ed adesso siamo qui, confesso che non lo avrei mai pensato”.

Firenze non è mai stata così vicina alla sua squadra di football. Che clima ti aspetti allo “Stadio Breda”?

“Sicuramente ci saranno tanti tifosi della nostra famiglia. Il media team è stato davvero grande sui social in questi anni e il nostro bacino si è allargato costantemente grazie alle televisioni ed ai giornali che ci hanno dato sempre maggior visibilità. Nel 2017 abbiamo perso nettamente l’ultima partita di regular season proprio nel rettangolo di gioco di Sesto San Giovanni e sappiamo che i marinai, giocando in casa, avranno più sostegno di noi, un fattore che sinceramente non mi dispiace visto che queste situazioni mi spronano a dare ancora di più”.

Nella indimenticabile semifinale contro i Giants Bolzano gli Estra Guelfi Firenze non sono stati capaci di chiudere la partita, rischiando l’ennesima beffa nel finale. Un aspetto che sicuramente dovrà essere corretto in vista dell’Italian Bowl, non trovi?

“Lo ammetto, allo Stadio Europa non siamo stati in grado di azzannare la giugulare della partita e nel finale abbiamo rischiato la beffa a causa di qualche disattenzione. Quello viola però è un gruppo molto giovane, ad esclusione del sottoscritto e quindi è soggetto a qualche calo d’attenzione. Ovviamente in Prima Divisione non ci si può deconcentrare, cosa che vale in maniera ancora più amplificata per l’Italian Bowl”.

Cosa potrà fare la differenza sabato 6 luglio fra l’esperienza dei pluricampioni e la voglia di un gruppo che mai era giunto così vicino al bersaglio grosso?

“I campioni in carica sono la squadra da battere, ma noi non possiamo lasciarci sfuggire questa opportunità. Nel corso del campionato la nostra capacità di esecuzione è aumentata e sempre più spesso riusciamo a rimanere aggrappati al nostro piano partita. Di fronte ci troveremo una squadra molto esperta, che negli ultimi anni ha perso solo un paio di partite, ma noi daremo tutto per contrastarli e portarci a casa l’anello di campioni d’Italia”.

Cosa hai provato quando Coach Art Briles, prima dell’inizio del suo primo allenamento alla guida dei gigliati, si è rivolto a te chiamandoti “Doctor Death”?

“Il nostro capoallenatore texano è davvero un grandissimo personaggio e, malgrado il suo blasone, è una persona di grande umiltà, tanto che a fine allenamento ci aiuta a rimettere in ordine campo e palestra. Ovviamente è stato incredibile sapere che conosceva già il mio soprannome prima che mi presentassi, anche se ora che ci penso mi chiedo se conosca anche il mio nome (ride, ndr). Una cosa che mi ha colpito ancora di più è quando, prima dell’inizio del Wild Card Round contro i Giaguari Torino, mi promise che al fischio finale avrei potuto festeggiare con il mio classico rituale della vittoria davanti ai tifosi (due lattine di birra aperte in maniera brutale e bevute tutte d’un sorso davanti alla tribuna, ndr). Semmai quella di sabato 6 luglio fosse la mia ultima partita sarà un onore dire che sulla mia sideline c’era Coach Art Briles a guidarmi”.